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La liquidazione della società in accomandita semplice


La procedura di liquidazione nella società in accomandita semplice ricalca essenzialmente le norme previste per la società in nome collettivo a cui si rimanda, mentre per quanto concerne le cause di scioglimento si rileva che vale la specifica clausola di rinvio prevista nell’art. 2323 c.c. (e non quella generica contemplata dall’art. 2315 c.c.) che a sua volta rimanda all’art. 2308 e 2272 c.c. (rispettivamente per la snc e per la ss). Tale norma è valsa ad introdurre la causa specifica di scioglimento per la s.a.s. che contempla la situazione in cui restino solo soci accomandanti o solo soci accomandatari, tutto ciò a condizione che nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno ripristinando così tanto la pluralità che la differenziazione di tipologia.

Lo scioglimento della società si manifesta con efficacia ex nunc, ossia dallo scadere del sesto mese concesso dalla legge per la ricostituzione della categoria dei soci mancante.

In proposito si rileva che tale causa può riscontrarsi non soltanto allorché sia venuta meno la pluralità dei soci ma anche in presenza del perdurare della stessa che però non contempli la contemporanea presenza delle diverse categorie dei soci che costituiscono elemento essenziale del tipo di società prescelto. Nell’ipotesi in cui siano venuti a mancare tutti gli accomandanti e sia rimasta una pluralità di accomandatari, nonché la mancanza di una delle categorie di soci si sia protratta per sei mesi, potrebbe non determinarsi lo scioglimento della società allorché si paventi la trasformazione tacita della s.a.s. in s.n.c..

Una volta che si sia verificata una delle possibili cause di scioglimento, l’effetto immediato consiste nell’applicazione dell’art. 2274 c.c. (per mezzo dei richiami di cui agli artt. 2315 e 2293 c.c.) secondo cui i soci accomandatari conservano il potere di amministrare ma limitatamente agli affari urgenti e fintanto che siano adottati i provvedimenti necessari per adempiere alla liquidazione. Norma ad hoc nella disciplina della sas, poi, si rileva in merito ai diritti dei creditori sociali dopo la liquidazione di cui all’art. 2324 c.c.. In esso, infatti si contempla il diritto dei creditori sociali restati insoddisfatti di far valere i propri crediti anche nei confronti degli accomandanti ma limitatamente alla quota di liquidazione. Ciò, salvo ovviamente quanto previsto nell’articolo 2312 c.c., per le s.n.c., che prevede la possibilità di richiedere le proprie spettanze ai soci (accomandatari) e se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi.

Particolarità del tipo sociale in questione si rinviene, inoltre, nella previsione di cui al secondo comma dell’art. 2323 c.c. secondo cui, nel caso in cui vengano a mancare tutti i soci accomandatari, nel periodo di moratoria di sei mesi, i superstiti accomandanti nominano un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. In tal caso, tuttavia, la norma prevede una specifica tutela per l’accomandante nella funzione di amministratore provvisorio, specificando che esso non assume la qualità di socio accomandatario.


Mancanza degli accomandatari e nomina dell’amministratore provvisorio

Nel caso in cui vengano completamente meno tutti gli accomandatari (o l’unico accomandatario) la società viene a trovarsi in una fase più problematica. Ci si troverebbe infatti nella situazione in cui dovrebbero gestire l’amministrazione della società soggetti che, per scelta, per natura e per disposizione di legge sono deputati a restare estranei all’attività volitiva. Per evitare la paralisi dell’attività interviene la previsione dell’art. 2323 c.c. che apre uno spiraglio per una sorta di “trasformazione” di uno o più accomandanti in amministratori provvisori per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione, nell’ottica della salvaguardia della vita sociale.

Tanto più che la norma, a risoluzione della questione, specifica proprio che l’amministratore provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario. L’amministratore deve comunque essere “nominato” con la diretta e comune iniziativa dei soci superstiti, ossia sembra non essere valida la regola della “supplenza automatica” e comunque, laddove i soci accomandanti superstiti si sostituiscano attivamente, anche se per un breve periodo e per atti limitati (quando ragioni di urgenza lo impongano), al socio accomandatario cessato, essi non potranno invocare la limitazione della responsabilità prevista in favore dell’amministratore provvisorio e assumeranno responsabilità personale, illimitata e solidale per tutte le obbligazioni sociali secondo la regola generale di cui al primo co. dell’art. 2320 c.c. Quando quest’ultimo sia un accomandante è preferibile che, allo scopo di evitare di imbattersi nel divieto di immistione ex art. 2320 c.c., lo stesso venga assoggettato ad una nomina formale (per atto pubblico o scrittura privata autenticata), iscritta al registro delle imprese. Ciò eviterà ai soci amministratori di fatto di assumere il ruolo di “falsus procurator” e conseguentemente il rischio di imbattersi in una esclusione di validità nei confronti della società degli atti posti in essere (salvo ratifica successiva da parte della stessa) (Cassazione 11 ottobre 2006 n. 21803, Cassazione 17 luglio 2008 n. 19736).

Importante pare puntualizzare che l’art. 2323 c.c. ricomprende e delimita la portata dell’ingerenza consentita all’accomandante, nelle vesti di amministratore provvisorio, nella gestione societaria entro limiti temporali (sei mesi) e di oggetto (atti di ordinaria amministrazione, anche se non meramente conservativi dell’integrità del patrimonio), ben definiti e tali da non rendere necessaria una modifica del regime di responsabilità cui l’accomandante per sua natura è sottoposto (ossia non assume la qualità di accomandatario).

Una volta decorsi i sei mesi di cui all’art. 2323 c.c., i soci superstiti che non abbiano provveduto alla sostituzione dei soci venuti meno, o alla trasformazione della società, dovranno porre in essere le operazioni di liquidazione e assegnazione a sé stessi del residuo dopo aver pagato tutti i creditori sociali.

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