GE. DA. sas di Giancarlo Chillè & C.

Gestione Elaborazione Dati Aziendali

Le cause di scioglimento


1) Il decorso del termine

Se il contratto sociale prevede un termine di durata della società, essa si scioglie automaticamente allo scadere dello stesso. In questo caso l’unico adempimento a carico degli amministratori consiste nell’accertare tale causa di scioglimento, pubblicizzando la stessa entro trenta giorni presso il registro delle imprese (oltre ovviamente alle ulteriori comunicazioni fiscali e previdenziali). Diversamente i soci potranno sempre deliberare una proroga della società. Tale proroga può essere espressa, cioè proveniente da una decisione for- male dei soci, modificativa del contratto sociale (art. 2252 c.c.) oppure tacita, situazione risultante cioè dal comportamento concludente dei soci, i quali, nonostante il termine raggiunto continuano a compiere le operazioni sociali. Quest’ultima, secondo i dettami dell’art. 2273 c.c. si intende a tempo indeterminato.

Sia nei casi di proroga espressa che di proroga tacita, entro tre mesi il creditore particolare del socio può fare opposizione. Tale termine, nella proroga espressa decorrerà dalla iscrizione della deliberazione di proroga nel registro delle imprese, mentre nella proroga tacita, presumibilmente, tale termine decorrerà dal giorno della scadenza previsto nell’atto costitutivo. Se l’opposizione è accolta, la società dovrà, entro tre mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare la quota del socio debitore dell’opponente (art. 2307 c. c.).

In caso di proroga tacita, inoltre, ciascun socio può manifestare la propria intenzione di recedere dalla stessa dando preavviso di tre mesi (art. 2285 c.c.) e il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore.


2) Il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità a conseguirlo

Lo scioglimento per conseguimento dell’oggetto sociale si realizza qualora esso sia sufficientemente determinato o delimitato, come ad es. società che nasce per la costruzione di un immobile. Il realizzarsi di detta causa può derivare da eventi fisiologici (compimento dell’opera), patologici di ordine naturale o giuridico (per esempio, terremoto o revoca di una concessione amministrativa, o una disposizione legislativa intervenuta che vieti, di fatto, lo svolgimento di una data attività). Nella prassi, l’ipotesi più frequente è senz’altro l’insanabile discordia fra i soci, i quali non riescono ad accordarsi sulle modalità di gestione dell’impresa, sull’approvazione di un bilancio o sulla nomina degli amministratori. Tale situazione, infatti, seppur non prevista espressamente quale causa di scioglimento della società ex art. 2272 c.c., può determinare lo scioglimento della società laddove si concretizzi l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (Trib. Milano 16 febbraio 2012, Cassazione 22 agosto 2001 n. 11185). Da rilevare che il conflitto che può determinare lo scioglimento dovrà essere grave e insanabile, cioè ingenerare una paralisi assoluta e definitiva dell’attività sociale poiché qualora derivi da gravi inadempienze di un socio, il contrasto potrà essere sanato con l’esclusione dell’inadempiente.

Per quanto riguarda l’impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, essa deve consistere in una causa sopravvenuta durante la vita sociale poiché un’impossibilità iniziale causerebbe la nullità del contratto sociale stesso. Essa deve avere il carattere dell’assolutezza e definitività (deficit del patrimonio sociale, protrarsi di perdite di esercizio, fuoriuscita di un socio la cui partecipazione era essenziale, ecc.) tale da rendere inutile e improduttiva la permanenza del vincolo sociale. L’accertamento della sopravvenuta im- possibilità che legittimi lo scioglimento è riservato al giudice di merito. Secondo il notariato la concreta operatività della causa di scioglimento sarà direttamente proporzionale rispetto al grado di specificità della clausola statutaria che individua le attività contemplate nell’oggetto sociale. Di rilevante interesse operativo appare, poi, comprendere se la sopravvenuta antieconomicità nell’esercizio dell’attività d’impresa costituisca una causa di liquidazione di legge della società, per sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

Tuttavia, le difficoltà economiche, per quanto gravi, e segnatamente quelle che comportano il venir meno della continuità aziendale, non possono in alcun caso essere ritenute di per sé sufficienti, almeno nel sistema attuale, a integrare la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, 1° comma, n. 2, cod. civ. (e lo stesso è a dirsi di quella prevista dall’art. 2272, n. 2, cod. civ.), e dunque non legittimano gli amministratori a iscrivere nel registro delle imprese una dichiarazione con la quale se ne accerti il perfezionamento.


3) La volontà di tutti i soci

Si tratta del c.d. mutuo consenso. A riguardo è irrilevante il motivo che spinge l’unanimità dei soci a decidere per lo scioglimento anticipato della società. Da rilevare che il contratto sociale potrebbe prevedere che tale decisione possa essere presa a maggioranza.


4) Il venire a mancare della pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita

Ai sensi del comma n. 4, dell’art. 2272 c.c., valido per tutti i tipi di società personali, la ricostituzione della pluralità dei soci nei sei mesi è condizione indispensabile per evitare il dissolvimento della società. Costituisce causa di scioglimento non il fatto istantaneo del venir meno della pluralità dei soci (per recesso, morte, esclusione), quanto la persistenza di tale situazione per un semestre. In tale periodo la società resta “dormiente”, ma persiste l’autonomia patrimoniale sui beni impiegati nello svolgimento dell’attività sociale, al fine di dare alla stessa la possibilità di reintegrarsi. Se entro sei mesi si reintegra la compagine sociale, il contratto societario resta operante. Nel caso in cui l’unico membro non trovi, entro il semestre, un nuovo socio viene, invece, a cessare l’autonomia patrimoniale e si liquida la società.

La riduzione ad uno dei soci non è quindi causa di scioglimento della società se nel termine di sei mesi la pluralità dei soci viene ricostituita. Se decorre infruttuosamente il termine dei sei mesi lo scioglimento opera con efficacia ex nunc, vale a dire dalla scadenza dei sei mesi che decorrono dal momento in cui si è verificato l’evento che ha determinato la mancanza della pluralità dei soci. Durante i sei mesi, il socio superstite:

- non subisce alcuna limitazione nei propri poteri di gestione e può pertanto compiere anche gli affari non urgenti;

- può procedere alla liquidazione del socio receduto, escluso o defunto;

- può autonomamente decidere di sciogliere la società.

Va poi evidenziato che le disposizioni di cui all’art. 2272 c.c. trovino applicazione anche nell’ambito del decesso del socio (ex art. 2284) nelle società costituite originariamente da due soci.

Nel caso in cui invece venga individuato un nuovo socio non vi sarà costituzione di una nuova società ma una continuazione della vecchia società fra vecchio e nuovo (nuovi soci). Il nuovo socio, ovviamente, ai sensi dell’art. 2269 c.c., richiamato dall’art. 2293, risponderà con gli altri soci anche delle obbligazioni sorte nella precedente gestione della società.

È, di fatto, prolungato il termine semestrale per la ricostituzione della pluralità dei soci consentendo alle società di persone di revocare lo stato di liquidazione anche dopo il decorso dei sei mesi, purché non sia intervenuta la cancellazione d’ufficio da parte del Registro delle Imprese.

La società personale rimane iscritta nel Registro delle Imprese anche dopo il decorso del semestre di moratoria.

In questa situazione, infatti, la sopravvenuta unipersonalità della compagine sociale produce la causa di scioglimento ma non l’estinzione della società, in quanto quest’ultima si verifica soltanto a seguito della cancellazione presso il registro delle imprese.

In tale ipotesi, infatti, fino all’intervenuta cancellazione, nel frattempo, da parte del Registro delle Imprese, è sempre possibile la ricostituzione della pluralità dei soci mediante nuovi conferimenti o cessione (parziale o totale) della partecipazione dell’unico socio, con espressa o implicita revoca dello stato di liquidazione in cui versa la società.

In tale situazione, evidentemente, resterebbe in vita una sorta di società di persone “unipersonale” in chiara violazione dell’art. 2272, comma 4, c.c., anche se tale possibilità operativa è stata ritenuta lecita dal notariato.

L’art. 3 del D.P.R. 23 luglio 2004, n. 247, disciplina la cancellazione d’ufficio delle società di persone. In queste situazioni, quindi, l’ufficio del Registro del Imprese che rileva la presenza del socio unico avvia il procedimento invitando gli amministratori a comunicare l’avvenuto scioglimento della società stessa ovvero a fornire elementi idonei a dimostrare la persistenza dell’attività sociale della società (art. 3, comma 2°). Decorsi 30 giorni dal ricevimento dell’ultima delle lettere raccomandate il Conservatore trasmette gli atti al Presidente del Tribunale il quale può nominare il liquidatore (comma 3°).

Qualora invece non vi fossero passività da liquidare, per cui non si renda necessaria la nomina del liquidatore, il Presidente del Tribunale può trasmettere direttamente gli atti al giudice del Registro per l’adozione delle iniziative necessarie a disporre la cancellazione della società (Circolare 14/6/2005 n. 3585/C, del Ministero delle attività produttive).


5) Altre cause previste dal contratto sociale

Si tratta di specifiche situazioni convenzionalmente previste nel contratto sociale il quale può prevedere altre situazioni idonee, al loro manifestarsi, ad ingenerare lo scioglimento della società (ad es. la società si scioglie alla morte del socio X, che l’impresa chiuda in perdita uno o più esercizi sociali, che gli utili non raggiungano un predefinito livello minimo, ecc.). Gli effetti dello scioglimento dipendono dalla decisione dei soci (contrariamente a quanto accade per le altre cause legali) che, in tal caso, assume carattere costitutivo.


6) Fallimento della società

È una specifica causa di scioglimento prevista dall’art. 2308 c.c. per le snc esercenti attività commerciali che avviene a seguito dell’accertamento giudiziale dello stato d’insolvenza. Tali società, peraltro, aventi ad oggetto l’esercizio di un’attività commerciale sono assoggettabili a fallimento indipendentemente dall’effettivo esercizio dell’attività stessa.

Dottrina e giurisprudenza (Cassazione 23 aprile 2010 n. 9723) praticamente unanime ritengono che la dichiarazione di fallimento sia causa di scioglimento e non di estinzione della società. Ne consegue, per esempio, che lo spossessamento fallimentare non congela gli organi esistenti al momento del fallimento e non impedisce, per esempio alla società di provvedere alla sostituzione dei propri amministratori. In altri termini la liquidazione dei beni sociali non passa attraverso l’ordinario procedimento previsto dal codice civile, ma è affidata agli organi fallimentari, senza la necessità per la società di provvedere alla nomina dei liquidatori.

Al termine della procedura, il curatore provvederà alla cancellazione della società al registro delle imprese nelle situazioni in cui la chiusura del fallimento sia disposta per avvenuta ripartizione finale dell’attivo (art. 118, n. 3, L.F.) o perché nel corso della procedura sia accertato che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, i crediti prededucibili e le spese della procedura (art. 118, comma 1, n. 4). Nel caso in cui invece non siano state presentate proposte di ammissione al passivo (art. 118, comma 1, n. 1) o quando le ripartizioni ai creditori raggiungano l’intero ammontare dei crediti ammessi o questi siano estinti e soddisfatti tutti i debiti e le spese, o per la definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare e comunque in tutte le ipotesi in cui alla chiusura del fallimento sussista ancora un residuo patrimoniale i soci con decisione unanime potranno revocare lo stato di liquidazione e proseguire l’attività sociale.


7) La mancata ricostituzione delle due categorie dei soci nelle s.a.s.

Una specifica causa di scioglimento è prevista dall’art. 2323 c.c. per le sas, allorché nella compagine sociale restino solo soci accomandanti o solo accomandatari, sempre che nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio venuto meno. Lo scioglimento opera ex nunc, cioè dal momento in cui scaduto il semestre, non sia stata ricostituita la categoria dei soci mancante.


Le cause di scioglimento della società operano di diritto, nel senso che (ad eccezione dell’ipotesi di cui al punto 3), non occorre una deliberazione sociale che metta la società in liquidazione, un atto specifico degli amministratori (come invece è richiesto ai sensi dell’art. 2484 nelle società di capitali) o da una pronuncia del giudice. Non è richiesta a riguardo alcuna forma pubblicitaria, che l’art. 2309 c.c., tuttavia, richiede per l’iscrizione dello scioglimento al registro delle imprese e la conseguente nomina dei liquidatori. Gli amministratori, peraltro, hanno il dovere di provocare una dichiarazione di accertamento (a carattere dichiarativo) dei soci in presenza del verificarsi della causa di scioglimento. A tale scopo, se vi è accordo fra i soci sull’esistenza della causa di scioglimento si provvederà alla redazione di una scrittura privata autenticata che la accerti e alla relativa trascrizione (da parte del notaio) della stessa al registro delle imprese entro 30 giorni da tale data.

A differenza che nelle società di capitali, ove l’iscrizione al registro delle imprese ha natura costitutiva della liquidazione, nelle società personali tale pubblicità ha effetti dichiarativi, cioè ha la mera funzione di rendere opponibili a terzi lo scioglimento.

L’esistenza di una causa di scioglimento, indipendentemente che la stessa sia stata rilevata o accertata, riduce tuttavia i poteri degli amministratori, limitandoli al compimento degli affari urgenti fino a che siano presi i provvedimenti necessari alla liquidazione (art. 2274 c.c.).

La posizione dell’amministratore che abbia violato l’art. 2274 c.c. è assimilata dalla dottrina prevalente a quella di un falsus procurator, con la conseguenza che gli atti non urgenti da lui compiuti non sarebbero imputabili alla società ma solo al soggetto che li ha posti in essere.

Se è controversa l’esistenza di una causa di scioglimento (tipicamente raggiungimento dell’oggetto sociale o quando vi sono dubbi sulla concreta possibilità di conseguirlo) ciascun socio potrà proporre l’accertamento giudiziale dello stato di liquidazione. In merito ai soggetti legittimati a tale richiesta, la giurisprudenza prevalente ritiene che essa spetti ai soci attuali (Trib. Milano 13 novembre 2012), ma parte di essa ritiene la procedu-a esperibile anche dagli ex soci receduti o esclusi (Cassazione 8 agosto 1990 n. 8001; Corte d’Appello di Torino 10 novembre 1993).

Sul tema la cassazione ha sancito che la nomina del liquidatore da parte dell’autorità giudiziaria è ammissibile anche quando le parti siano in disaccordo non sulla nomina del liquidatore ma sull’esistenza stessa della causa di liquidazione (Cassazione Sezioni Unite 25 giugno 2002 n. 9231).

Il verificarsi delle suddette cause, tuttavia, non comporta l’estinzione della società sia come contratto che come organizzazione. In ogni caso, gli effetti dello scioglimento decorrono da quando la causa si è verificata, non da quando è accertata.

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