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11 marzo 2011 - Trattamento fiscale delle operazioni di factoring e recupero crediti

Con la Risoluzione n. 139/E/2004, in ordine al trattamento fiscale delle operazioni svolte dalle imprese di factoring, anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla Corte di Giustizia CE con la sentenza 26 giugno 2003, causa C-305/01, è stato chiarito che le conclusioni raggiunte dai giudici comunitari, in base alle quali l’attività di factoring è assimilabile all’attività di recupero crediti, non sono automaticamente estensibili all’ordinamento giuridico nazionale, tenuto conto che il factoring ha avuto un’evoluzione non uniforme a livello europeo e sovraeuropeo e, più in particolare, che la figura del factoring interno, pur non espressamente regolata in via normativa, non è assimilabile alla fattispecie esaminata dalla Corte in quanto riferita all’ordinamento tedesco. La Risoluzione n. 139/E/2004 ha altresì chiarito, sulla scorta della prevalente ricostruzione del factoring da parte di dottrina e giurisprudenza, che l’attività in questione ha natura eminentemente finanziaria, tenuto conto sia dei soggetti legittimati ad esercitarla, sia della causa del negozio, ossia il finanziamento, con la conseguenza che la stessa rientra tra le operazioni esenti.

La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata su una fattispecie qualificata alla stregua di recupero crediti consistente in un servizio di raccolta e di gestione dei pagamenti, per conto dei clienti, da parte di un prestatore di servizi. La Corte, in particolare, ha chiarito che non rientra nel regime di esenzione IVA una prestazione di servizi la cui finalità è quella di far conseguire ai clienti, nel caso di specie dentisti, i pagamenti delle somme di denaro dovute dai loro pazienti. Tale servizio è dunque volto a far ottenere il pagamento di debiti che consiste, tra l’altro, nel richiedere alla banca di un terzo (soggetto debitore) il trasferimento, mediante un sistema di “addebito diretto”, di una somma dovuta da detto terzo al cliente (soggetto creditore) del prestatore del servizio, trasferimento operato sul conto del medesimo soggetto cliente (soggetto creditore).

Assumendo l’incarico del recupero di crediti per conto del titolare degli stessi, in altre parole, il prestatore “libera i propri clienti da compiti che, senza il suo intervento, questi ultimi, in qualità di creditori, dovrebbero effettuare da soli”. La Corte ha ritenuto che tale servizio rientri nella nozione di “recupero di crediti”, in quanto tale escluso dal regime di esenzione. La Corte ha anche affermato che, ai fini della qualificazione di un servizio quale “recupero crediti”, non rileva il fatto che esso sia fornito al momento della scadenza dei crediti in questione. Ciò in quanto la formulazione della norma comunitaria - “riguarda il recupero dei crediti di qualsivoglia natura, senza restringere il suo campo di applicazione a crediti che non erano soddisfatti al momento della loro scadenza. Peraltro il factoring, che in tutte le sue forme rientra nella nozione di recupero dei crediti non è limitato a crediti rispetto ai quali il debitore è già inadempiente. Esso può anche avere ad oggetto crediti non ancora scaduti e che saranno pagati alla scadenza”. Le conclusioni contenute nella risoluzione n. 139/E/2004 devono intendersi confermate anche a seguito di quest’ultima pronuncia della Corte di Giustizia, in quanto nella sentenza del 28 ottobre 2010, causa C-175/09 la Corte ha inteso ribadire l’orientamento manifestato con la sentenza - espressamente richiamata - del 26 giugno 2003, causa C-305/01, pronunciandosi in merito ad una fattispecie che evidenzia chiaramente le caratteristiche tipiche del recupero crediti, piuttosto che quelle del factoring.

Come prima esposto, infatti, nel caso esaminato dalla Corte, il credito non forma oggetto di trasferimento dal creditore originario al prestatore del servizio, il quale si limita ad assumere “l’incarico del recupero di crediti per conto del titolare degli stessi” ed in tal modo “libera i propri clienti da compiti che, senza il suo intervento, questi ultimi, in qualità di creditori, dovrebbero effettuare da soli, compiti consistenti nel richiedere il trasferimento di somme ad essi dovute attraverso il sistema di addebito diretto”.

Rimane dunque fermo il principio secondo il quale è necessario esperire, di volta in volta, un’indagine che consenta di individuare la corretta natura dell’operazione concretamente realizzata. Alla stregua degli ulteriori chiarimenti forniti dalla Corte si può, infatti, precisare che, se la causa del contratto consiste nell’ottenere da parte del prestatore una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, l’operazione è da qualificare come recupero crediti e, come tale, imponibile ai fini IVA. Di contro, qualora il creditore, con la stipula di un contratto di factoring, vuole ottenere un finanziamento (monetizzazione anticipata dei propri crediti), per il quale paga una commissione che si atteggia, in linea di principio, alla stregua di un pagamento di interessi (essendo solitamente quantificata in una percentuale dell’ammontare dei crediti ceduti), allora è evidente che il factoring costituisce una vera e propria operazione finanziaria esente da IVA. In tale ipotesi, la presenza di clausole diverse, pro soluto o pro solvendo, non incide sulla natura finanziaria del contratto ma, verosimilmente, solo sulla determinazione della commissione.

In definitiva, è confermato il principio della Risoluzione n. 139/E/2004, secondo cui l’attività di factoring è inquadrata tra le attività finanziarie esenti di cui all’art. 10, c. 1, n. 1 del D.P.R. 633/1972, con ciò differenziandosi dalle attività, imponibili ad IVA, di recupero crediti. Non può, pertanto, ritenersi aderente all’ordinamento giuridico interno l’affermazione contenuta nel punto 34 della causa C-175/09, secondo cui “il factoring ... in tutte le sue forme rientra nella nozione di recupero dei crediti”.

Per una più agevole analisi della causa del contratto, si forniscono alcuni criteri da applicare al fine di accertare se la prestazione oggetto di esame consista in un’operazione di factoring ovvero di recupero crediti, con l’avvertenza che si tratta di una casistica non esaustiva dei criteri che possono essere applicati nel condurre la predetta analisi.

Nelle operazioni di factoring si verifica la cessione della titolarità del credito, a nulla rilevando il fatto che il cedente sia liberato dal rischio del buon fine dell’operazione (cessione pro soluto) ovvero non lo sia (cessione pro solvendo).

Nelle operazioni di recupero crediti, invece, non si verifica la cessione della titolarità del credito, come chiarito al punto 33 della causa C-175/09. La causa finanziaria delle operazioni di factoring è confermata dal fatto che il cessionario versa una somma di denaro al cedente all’atto della cessione del credito, consentendo a quest’ultimo di ottenere la trasformazione del credito in attività liquide prima della scadenza naturale del credito o, comunque, prima della data di presumibile incasso.

Ne consegue che l’effettiva erogazione - al momento della cessione del credito - da parte del cedente al cessionario dell’importo corrispondente al valore di cessione concordato costituisce un elemento tipico dei contratti di factoring. Di contro, la presenza di una clausola che preveda l’erogazione delle somme al creditore solo al momento dell’effettivo incasso da parte del prestatore costituisce un elemento tipico della prestazione di recupero crediti. Ove, in applicazione dei principi illustrati la fattispecie è riconducibile ad un contratto di factoring, il compenso del factor, costituito dalla differenza tra il valore nominale del credito e le somme anticipate, è assoggettato al regime di esenzione, a prescindere dalla circostanza che il compenso del factor sia eventualmente scomposto tra commissioni ed interessi ovvero sia previsto un unico compenso, in cui la componente “commissioni” risulti prevalente rispetto alla componente “interessi”, determinata in base a parametri di riferimento mediamente praticati sul mercato ovvero in base ad altri criteri. Di contro, qualora il factor renda altre prestazioni di servizi (analisi del portafoglio crediti, gestione dei crediti diversi da quelli ceduti, ecc.) aggiuntive rispetto alla cessione del credito, quest’ultima non perde la sua natura finanziaria, se per tali ulteriori prestazioni è convenuto un autonomo corrispettivo. Va da sé che rispetto a queste ultime prestazioni dovrà essere individuato, caso per caso, il regime IVA applicabile.

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